lunedì 5 luglio 2010

Assieme alla 'ghiandola pineale' ecco 'la legge del minimo'.

Pochi giorni fa ho affrontato il problema di quel razionalismo cartesiano che ha portato le umane genti a vivere in tanti "immaginari" ormai lontani dalla terra su cui viviamo. Immaginari che ci portano alla catastrofe e ad un saccente inconscio che paradossalmente è il contrario di quanto quel razionalismo del cogito ergo sum pretendeva di procurare alle sorti dell'umanità.
Finivo col dire che avevo pronto un carnet di 'immaginari' ereditati da questo razionalismo ...
Ne ho scoperti di quei tanti che ho problemi a scriverli tutti con un certo ordine. Come pure ho scoperto che il tema prendersela col RAZIONALISMO partendo da Cartesio è fin troppo praticato da tante filosofie da parere banale ormai.
Me ne scuso. Ma quel che voglio proporvi qui forse non lo è poi così tanto.
Già. Come abbia fatto a chiamar scientifico il buon Descartes quella storia della ghiandola pineale che univa la res cogitans e la res estensa, ancor non si sa.
Due deduzioni in croce, in quell'ottica di meccanicismo puro, han portato a conclusioni assurde. Ma per fortuna la cosa ha provocato pochi guai.
C'è invece un altro caso nella storia delle deduzioni scientifiche che partento da altrettanto banali asserzioni invece ha portato a gravissime conseguenze per la biosfera tutta, o perlomeno a quella in cui l'intervento umano (l'agricoltura) s'è fatto sentire. E le aveva presagite lo stesso autore.
Avevo letto tempo fa su cosa si fondavano le conclusioni del famoso Justus von Liebig (1803-1873), l'inventore dell'industria alimentare (il famoso dado), che lo portavano a definire gli elementi P (fosforo), K (potassio), N (azoto) fondamentali per la nutrizione delle piante.
Aveva ridotto in ceneri varie parti vegetali e gli erano rimasti nella provetta questi tre elementi. Tutto qui. e da qui è partita la sua legge del minimo: la produzione agricola è regolata dall’elemento presente in quantità minore rispetto alle esigenze della coltura.
E da qui è partita l'industria chimica dei fertilizzanti.
Da qui è partita la forsennata rivoluzione verde dell'agricoltura.
Da qui è partita la cristallizzazione dei suoli e la desertificazione ormai evidente delle pianure agricole, tra cui la pianura padana, tanto per rimanere in casa.

Nessuna considerazione che il vegetale (posto in coltivazione) è un COMPLESSO essere vivente che vive di tante altre cose. Nessuna considerazione che la fertilità del terreno è da salvaguardare prima ancora del singolo prodotto da estrare da esso.
NESSUNA CONSIDERAZIONE PER L'ECOSISTEMA.
L'agricoltura diventa così un processo freddo e meccanico, col suo input per un suo output.
Input: introduzione nell'ambiente, neppur necessaria la terra, di un seme e di una certa quantità di elementi. Output: estrazione di un prodotto. FINE.
...
Ma lo stesso Liebig se ne accorse, seppur tardi e seppur inascoltato da ben più di un secolo.
Ma lo ascoltiamo adesso, boiadunmondo ... umano!!!

“Confesso di buon grado che l’uso dei concimi chimici era basato su presupposti in realtà inesistenti. I concimi chimici avrebbero dovuto portare una completa rivoluzione nell’agricoltura, sarebbe stato abbandonato il letame di stalla e sarebbero state sostituite con i concimi chimici tutte le sostanze minerali asportate dai raccolti. Si sarebbe potuta coltivare sempre la stessa pianta sullo stesso campo, [...], senza discontinuità e senza che si esaurisse la fertilità del suolo, secondo i desideri ed i bisogni dell’agricoltore. Avevo peccato contro la saggezza del Creatore ed ho ricevuto la meritata punizione. Volevo portare un miglioramento alla sua opera e nella mia cecità credevo che nel meraviglioso concatenamento delle leggi che regolano la vita nella superficie terrestre, continuamente rinnovandola, fosse stato dimenticato un anello, che io, povero verme impotente, avrei dovuto fornire.”

E dopo più di un secolo di chimica perpetrata con la scienza, ci vorrebbe un po' di umiltà sentita con un'etica nuova.

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