domenica 1 gennaio 2017

Come vedo l'Umanità nel 2017


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Insomma come vorrei che si incamminasse come in un viaggio verso una terra non promessa da un dio, ma la sua terra, la terra che ha sotto i piedi, anche quando si sogna cabale infinite che la stan portando alla distruzione di sé e della terra appunto.

Per prima cosa, vorrei che ciascun essere umano si togliesse un po' di violenza e rabbia che ha dentro ed educasse se stesso e chi ha vicino, figli sopratutto, a controllare se non rifiutare tutto ciò che porta a conflitti con i propri simili: bramosia, voglia di potere, voglia di possesso, sopraffazione, arroganza, dominio, comando… certo, il primo gennaio è la giornata mondiale della pace, ma chiediamoci perché tanto la pace l'uomo non la sa accogliere in sé, perché è diventato l'essere vivente che in assoluto, tra tutti gli animali e le piante, più aggredisce e distrugge il suo simile, null'altro esempio così tragico esiste in natura.

Poi vorrei che sia gli individui che le comunità riflettessero sulla assoluta necessità di fermarsi e ripensare, ripensare diversamente tutte le cose che sono avviate in una tragica e disperata caduta.
Non importa se si ferma lo sviluppo, la crescita del Pil, i guadagni in Borsa. Bisogna fermarsi; questo, il 2017, deve essere l'anno della FERMATA. Se si vuole del resto prendere un'altra strada, prima bisogna fermarsi, poi trovare la nuova direzione e magari tornare indietro. Ma bisogna che cresca la consapevolezza che certi processi, sopratutto legati allo 'sviluppo economico e capitalistico' vanno fermati. Come!? Infiniti modi che ognuno od ogni comunità può gestire, non comprare più, non incrementare lo stato dando tasse (ma senza evadere fin che si può), non lavorare per il sistema ma solo per il proprio sostentamento, non pensare ad arricchirsi, non “lavorare” proprio. Fermiamoci e pensiamo, cosa che si fa quando in montagna si è perso il sentiero.

Assieme al 'fermarsi' credo importante sia il 'liberarsi' dal grande schiavismo consumistico a cui siamo sottoposti: lo schiavismo della dipendenza da qualcosa che bisogna sempre comprare per consumarlo, lo schiavismo del debito che ci impone di produrre ancora di più e sempre, lo schiavismo del lavoro che fa solo guadagnare chi te lo concede per darti un salario con cui vivere, lo schiavismo dei bisogni imposti dai media con pubblicità e stili di vita ammiccanti ma subdolamente imposti. Mai l'umanità ha avuto tanti schiavi come in questo trapasso di millennio, mai così poca libertà ed indipendenza nei singoli e nelle comunità: è tutta una schiavitù.

Infine vorrei che si potesse vivere senza inventarsi il nuovo, il diverso, il migliore per distruggere e dimenticare l'esistente quando non sappiamo più manutenere il già fatto, il ben fatto e ben pensato del passato. Perché valori e cose del passato sistematicamente non devono essere più considerati? Ed è così, nella cultura consumistica in cui viviamo, quasi per principio: l'obsolescenza forzata del passato, l'innovazione per forza e la rottamazione per conseguenza. La rincorsa all'ultimo modello, l'aggiornamento ossessivo di software come l'essere all'ultima moda. Fermiamoci appunto. Tutti dicono cambiamento cambiamento ma il più giusto cambiamento è non cambiare così, e così non si deve cambiare più! Non è l'evolversi forsennato di manufatti, comportamenti e saperi che dà certezze e mantenimento nel tempo dell'umanità, anzi si aumenta il rischio della sua decaduta e scomparsa. Esercitiamoci invece a manutenere e rispettare l'esistente, l'ereditato dal passato, materiale e spirituale, nel mondo dei viventi come nell'ambito umano.


E per ora basta, ed il primo dell'anno 2017 - non più bisesto ma pure numero primo che fa sperare anche in un po' di fortuna - qualcosa di quel che ho scritto lo si può desiderare!? Un po' di pace, un po' più fermi e riflessivi, un po' meno schiavi e con più cura alla manutenzione della terra e del già costruito, dall'uomo assieme a tutti gli altri esseri viventi.

martedì 26 luglio 2016

Radicalizzarsi

 Risultati immagini per radicalizzazione violenta

Ora tutt'ad un tratto si "radicalizzano" e dopo un di giorni ammazzano e si suicidano. Cosa vuol dire radicalizzarsi?
non certo andare in profondità come fanno le radici e come suggerisce l'etimologia; invece vuol solo dire
esacerbarsi, esasperarsi, estremizzarsi acquisire posizioni estreme fino a prendere coscienza della propria autodistruzione ed estendere la distruzione a chi o cosa si trova attorno ...
Quindi ci porterà alla "sradicalizzazione" dell'umanità fino alla sua estinzione ...
Secondo me è partito un cancro che va fermato 

martedì 27 ottobre 2015

La contraddizione: l'albero della vita ... di ferro


In questo blog ho sempre parlato di contraddizioni, paradossi, assurdità ...
Perchè quando si scoprono, si denunciano si fa già un passo verso una soluzione, un cambiamento.
E qui c'è una contraddizione proprio grossa.
Il simbolo dell'Expo che per fortuna va chiudendo è stato un albero di ferro e circuiti elettrici, e che presto nessuno saprà che farsene e come manutenerlo... e doveva essere il simbolo di come si nutre il pianeta.
L'albero, gli alberi, quelli veri, sul pianeta terra, sono proprio il nutrimento di tutta la biosfera, animale e vegetale, in quanto prendono l'energia del sole, l'energia della vita, l'accumulano e la distribuiscono.
Ma quest'albero qui proprio no.
E così è quest'Expo. Non ha insegnato a nutrire il pianeta ed i suoi abitanti ma è solo stato un simbolo per il contrario di ciò che si proclama: cementificare il suolo, nutrire le multinazionali, intruppare masse contente e inconsapevoli creando loro un bisogno artificiale.
Il bisogno di andare a vedere l'Expo.
Bisogno artificiale e innaturale come un albero di ferro.

Simbolo giusto per una manifestazione sbagliata o simbolo sbagliato per un obiettivo giusto.

https://www.facebook.com/giovanni.parigi.50

domenica 12 luglio 2015

Calculemus e la contraddizione europea

L'augurio di Leibniz: sento che le controversie non finirebbero mai .... se non ci riportassimo dai ragionamenti complicati ai
calcoli semplici ... Una volta fatto ciò, quando sorgeranno controversie, non ci
sarà maggior bisogno di discussione tra due filosofi di quanto ce ne sia tra
due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano la penna in
mano, si siedano a tavolino, e si dicano reciprocamente  "calculemus".  

L'augurio di Leibniz è caduto in una profonda contraddizione nell'attuale momento finanziario dell'Europa e la crisi greca. Qui più calcolano più acuiscono controversie e rischiano di spappolare tutta l'Europa. 
Ma che sono questi calcoli? non son più sicuramente "semplici" come si augurava il filosofo; ma si son complicati a tal punto che nascono la gran menzogna che è l'economia finanziaria che strangola ed uccide chiunque caschi nei sui calcoli, individui o stati che siano.
Il mondo e la vita non è un calcolo. 
Sopratutto se il calcolo è sempre finalizzato a profitti e crescite.
La vita, ed il tempo della vita, è più costellato  di  hazard e di opportunità che di calcoli. 
Ma riusciranno questi eredi in gran parte tedeschi del filosofo tedesco ad uscire dai loro meschini algoritmi!? Han poche ore ti tempo ...

sabato 22 febbraio 2014

coraggio e semplicità

... le prime due parole opportune che ho sentito da parte di Matteo Renzi che oggi si insedia.
Per questo non c'è che fargli tanti auguri!

giovedì 13 febbraio 2014

la bellezza

Come si può mettere attorno alla BELLEZZA  la protezione della natura,   la salute umana, ma anche  l’etica pubblica e la moralità individuale. 
Su La Repubblica di ieri 12 febbraio, così Salvatore Settis scriveva:


La BELLEZZA SALVERÀ La santa alleanza di ambiente, paesaggio e cultura

«È urgente elaborare un pensiero comune pratico, uno stesso insieme di convinzioni volte all'azione, innescata dal bene comune e indirizzata alla politica». Sono parole di Jacques Maritain all’Unesco, nel clima della guerra fredda (1947). Ma valgono ancora oggi come un’agenda minima per reagire alla devastazione della natura, al cieco accanimento con cui (gli italiani in prima linea) continuiamo a distruggerla cannibalizzando ambiente e paesaggi. Si suol dire che «la bellezza salverà il mondo». Sono parole che Dostoevskij (nell’Idiota) mette in bocca al principe Myškin, e che in quel contesto hanno un contenuto intensamente mistico. Ma non dobbiamo usarle come un mantra auto-assolutorio: dovremmo sapere, invece, che la bellezza non salverà il mondo se noi non sapremo salvare la bellezza.
Intuizioni religiose e pensiero laico devono convergere, secondo le parole di Maritain. Proviamo a darne qualche esempio. Isaia 5,8: «Guai a voi che ammucchiate casa su casa e congiungete campo a campo finché non rimanga spazio e restiate i soli ad abitare la Terra. Ha parlato alle mie orecchie il Signore degli eserciti: “Edificherete molte case ma resteranno deserte per quanto siano grandi e belle e, non vi sarà nessuno ad abitarle”». Parole che paiono scritte per l’Italia di oggi, dove si edifica “casa su casa” in nome della favoletta secondo cui solo l’edilizia è motore di sviluppo; ma i 5 milioni di appartamenti invenduti e la cementificazione del territorio senza nessun rapporto con l’inesistente crescita demografica dimostrano che non è così. Al di là di questa suggestione, il passo di Isaia evidenzia efficacemente il contrasto fra crescita delle case e devastazione dei campi coltivati.
Altro esempio tratto dai libri sacri, il detto Ama il prossimo tuo come te stesso, che è già nel Levitico e poi nei Vangeli. Commentandolo, Enzo Bianchi ha scritto che questo precetto «non basta più; oggi bisogna dire: “Amerai la Terra come te stesso”»; perché la Terra non è «uno scenario per l'uomo, ma costituisce una comunità la cui relazione è stretta e decisiva per gli animali, per le piante, per noi. In cui uno stesso spazio è condiviso ed abitato ed in cui vive un unico destino, in cui ci deve essere solidarietà per abitare armoniosamente in pace la Terra ». Ma che cosa voleva dire Nietzsche, quando (in una pagina del Così parlò Zarathustra) scrive: «Il vostro amore del prossimo è cattivo amore per voi stessi. Vi consiglio io forse l'amore per il prossimo? No; io vi consiglio la fuga dal prossimo e l'amore verso i più lontani; perché più nobile dell'amore per il prossimo è l'amore per i più lontani e per l'avvenire. Il “futuro” e “quel che è più lontano” siano dunque, per te, la causa che genera l'oggi». Dietro l’apparente svalutazione del precetto evangelico emerge la sua radicalizzazione: in nome della superiorità del futuro sul presente, Nietzsche suggerisce che dobbiamo amare non tanto i “prossimi”, troppo simili a noi, bensì i lontani: soprattutto i lontani nel tempo, le generazioni future. È per loro che dobbiamo preservare la Terra.
Nella vivace discussione sui diritti delle generazioni future, i temi ricorrenti sono la protezione del clima e dell’atmosfera, la conservazione della biodiversità, la tutela dell’ambiente, la gestione delle fonti di energia e dei rifiuti, il controllo delle biotecnologie, la tutela del patrimonio culturale. Il nesso forte tra bellezza e salute (del corpo e della mente), e dunque fra “paesaggio” e “ambiente”, è parte essenziale di questa storia, che ha radici assai antiche. In un trattato attribuito a Ippocrate, Arie acque luoghi (fine del V secolo a.C.) è chiaro il nesso fra malattia e ambiente; perciò le patologie vi sono distinte fra “comuni” a tutti e “locali”, cioè legate a infelici condizioni ambientali. Fu questa una preoccupazione costante della medicina greca, e non solo: un decreto di Atene del 430 a.C. vietava «di mettere i pellami a imputridire nel fiume Ilisso, di praticare in quell’area la concia delle pelli e di gettarne gli scarti nel fiume». Nello stesso spirito, Platone scrive nelle Leggi che «l’acqua si inquina facilmente; perciò è necessario proteggerla per legge. E la legge deve punire chiunque corrompa l’acqua sapendo di farlo, condannandolo a pagare un’ammenda e a ripulire l’acqua a proprie spese».
Oggi dobbiamo ripetere gli stessi identici principi, ma estendendo enormemente lo sguardo. Nessun crimine ambientale è abbastanza lontano da noi da poterlo ignorare: non la deforestazione in Brasile, non il “continente di plastica” (grande quattro volte l’Italia) che galleggia nel Pacifico, non la distruzione di specie vegetali e animali nel Madagascar, non le conseguenze dei disastri nucleari in Ucraina e in Giappone. In questo pianeta senza vere lontananze, “l’amore verso i più lontani” fa tutt’uno con la cura per noi stessi. Ma le generazioni future hanno davvero diritti, anche se non sono in grado di rivendicarli? E in nome di che cosa noi dobbiamo rappresentare oggi i loro diritti di domani?
Distinguiamo, come facevano i Romani, gli immutabili principi del Diritto ( ius) dalla mutevole varietà delle leggi ( leges), calibrate ad arbitrio dei governanti. Orientiamo la bussola sulle istanze di fondo di un alto sistema di valori incardinato sulla protezione della natura e della salute umana, ma anche sull’etica pubblica e la moralità individuale. Le singole leggi possono conformarsi o meno a questi alti principi, ma quando non lo fanno la disobbedienza civile è un dovere. Disobbedienza ispirata dalla nozione di pubblico interesse, che rilancia temi assai antichi: perché quando gli antichi Statuti dei Comuni e le leggi degli Stati preunitari parlavano di bonum commune o di publica utilitas avevano di mira proprio i diritti delle generazioni future, ed è per questo che hanno costruito per noi le città che abitiamo, i paesaggi che andiamo devastando.

Nel suo Principio responsabilità (1979), Hans Jonas scrive che «la comunanza dei destini dell’uomo e della natura, riscoperta nel pericolo, ci fa riscoprire anche la dignità propria della natura, imponendoci di conservarne l’integrità ». È «l’imperativo ecologico», che secondo Peter Häberle comporta «un nuovo sviluppo dello Stato costituzionale, che deve ormai assumere responsabilità verso le generazioni future, e perciò è obbligato a tutelare l’ambiente, deve cioè diventare uno Stato ambientale di diritto ». È di qui che nascono la nozione di ecocidio e la proposta di creare un tribunale internazionale contro i crimini ambientali. È di qui che ha origine il nesso forte fra diritto ambientale e diritto alla salute, che si sta affermando nelle nuove Costituzioni come quella della Bolivia (2009), che prescrive «un ambiente sano, protetto ed equilibrato» per «gli individui e le comunità delle generazioni presenti e future» (art. 33). Ma la priorità del bene comune è centralissima già nella nostra Costituzione, in particolare nell’art. 9 (tutela del paesaggio e del patrimonio artistico), nel suo intimo nesso con l’art. 32 (diritto alla salute), evidenziato dalla Corte Costituzionale. Ambiente, paesaggio, beni culturali formano un insieme unitario e inscindibile con la cultura, l’arte, la scuola, l’università e la ricerca. Con esse, concorrono in misura determinante al principio di uguaglianza fra i cittadini, alla loro «pari dignità sociale» (art. 3), alla libertà e alla democrazia. Per la nostra Costituzione, attualissima ma inattuata, la tutela dell’ambiente, del paesaggio, dei suoli agricoli è strumento di libertà e di democrazia. Perciò è triste che si parli tanto di cambiare la Costituzione, e così poco di metterne in pratica i principi e lo spirito."

martedì 11 febbraio 2014

I dieci consigli di Albert Einstein




1. Segui la tua curiosità
“Non ho nessuno talento speciale. Sono solo appassionatamente curioso.”
2. La perseveranza ha un valore inestimabile
“Non mi considero particolarmente intelligente, è solo che mi dedico ai problemi molto a lungo.”
3. Poni il presente al centro della tua attenzione
“Qualsiasi uomo che guida in maniera sicura mentre bacia una bella ragazza è un uomo che non sta dando al bacio l’attenzione che merita.”
4. L’immaginazione è potente
“L’immaginazione è tutto. E’ l’anteprima delle attrazioni che il futuro ci riserva l’immaginazione è più importante della conoscenza.”
5. Non avere paura di sbagliare
“Una persona che non ha mai sbagliato è una persona che non ha mai provato nulla di nuovo.”
6. Vivi nel momento
“Non penso mai al futuro: arriva abbastanza presto.”

7. Crea valore
“Impegnatevi cercando di creare non il successo
ma il valore in quello che fate.”
8. Non essere ripetitivo
“Follia: fare e rifare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti.”
9. La conoscenza deriva dall’esperienza
“Informazione non è conoscenza. La sola fonte di conoscenza è l’esperienza.”
10. Impara le regole e giocherai meglio
“Devi imparare le regole del gioco. E poi devi giocarci meglio di chiunque altro.”