mercoledì 16 giugno 2010

Piccola alluvione ... francese

Mentre in Francia, poveretti, soffrono davvero, in Piemonte ne abbiamo viste di brutte pure noi.
Il mio campo è allagato, ma il settore semenzaio è salvo, ma è improbabile che riesca a togliere delle piante, rimandiamo però solo di due giorni, penso che sabato mattina possiamo distribuire quanto già oggi tanti ci hanno chiesto.
Avanti ...
Ci sono anche dei tortarelli abbruzzesi, dei caroselli leccesi e dei cetriolini di parigi, pochi ma ci sono ...

martedì 15 giugno 2010

Cucurbitacee oltre alla sopravvivenza, per la loro sopravvivenza

Scambio, cedo, offro, fate voi.


Ho una bellissima produzione di zucche, zucchine, meloni e qualche anguria, semi buttati quasi per gioco con l'amico Renzo, entusiasta dell'orto quanto me, su una terra BELLISSIMA che restituisce tanto con poche cure.


Che fare? saran 500 possibili piante che non riesco a trapiantare ed ospitare. Due o tre giorni e devo darle via. Cioè entro sabato 19 giugno.



Ve ne faccio un elenco dettagliato.

Zucchino chiaro genovese, zucchino tondo di nizza, zucca trombetta d'albenga, zucca gigante potiron rouge très hàtif d'ètampes, zucca mantovana, zucca potì marrons (sa di castagna), zucca luffa, zucca villanova piacentina, melone zuccherino d'ingegnoli, melone rospo, melone liscio cantalupo, melone superprecoce du roc, anguria da mostarda, ecc...

Telefonatemi, ma fate presto, 331 410 55 64, scrivete a gio.parigi@libero.it oppure ci trovate nel campo.



Mi mancano, di ortaggi, melanzane e peperoncini. Cerco pure piantine di piccoli frutti.

Ma mi basta scambiare esperienze.



Un anziano amico, vicino di casa, mi dice sempre in piemontese: "fa atension che con l'òrt 't fai tanti amis" ...

domenica 13 giugno 2010

Scuola del fare

Tanti teorici, non voglio dire tutti.
Tanti propongono nuovi stili di vita, li professano in rete e sui media, li scrivono ...
Ma pochi sono quelli che li propongono come realizzazioni od almeno insegnino come concretamente si debba cambiare la vita, in modo graduale ma programmato e sicuro.
questo è il futuro della formazione.

giovedì 10 giugno 2010

Immaginari e realtà. La decolonizzazione della mente

Lo stimolo per riprendere e continuare questo blog c'è.
Le premesse per un grande progetto ci sono. Anzi c'erano già ...
Latouche le ha solo risvegliate.

Continua la storia dell'uomo che parte dal seme di grano.

Dal seme di grano l'umanità s'è costruita tanti immaginari che l'han seguita nella storia, il primo immaginario è quello del progresso e dello sviluppo, quello economico.

Vedendo quel seme ed impossessandosi della sua vita l'uomo ha pensato che tutto potesse avere uno sviluppo ed una crescita, tutto si doveva trasformare in una rendita: semino uno e ne raccolgo più di uno.
Ma tutto così non è. E questo immaginario va ricondotto alla sua realtà. L'illusione economicista va smascherata. Va decolonizzata dalle nostre menti, come dice Latouche.


L'altro immaginario che bisogna combattere e sconfiggere, saremmo ancora in tempo, è il razionalismo cartesiano, che poi sarà razionalismo scientifico o "La scienza" tout cour, non importa.

Questo signore, Cartesio, disse un giorno che la realtà si divideva in res cogitans e res extensa. ... opo aver anche detto che il fondamento ultimo dell'essere sta in quel 'cogito ergo sum', come dire che delle due realtà, quella che conta non è sicuramente quella ...'extensa'!!
Con res cogitans si intende la realtà psichica a cui Cartesio attribuisce le qualità, lui dice, dell'inestensione, della libertà e della consapevolezza. La res extensa rappresenta invece la realtà fisica, che è estesa, limitata e inconsapevole.
Cartesio era invasato della fisica meccanica del suo tempo, con essa pensava si potessero raggiungere tutte le spiegazioni della realtà 'estensa'.
Per tutto ciò di cui si può dare un modello meccanico, tale modello è anche sufficiente come spiegazione del fenomeno sotto considerazione. Un modello meccanico opera solo con la fisica meccanica, cioè con corpi estesi in movimento. corpi semplici disposti e misurabili quantitativamente nello spazio e nelle loro trasfromazioni nello stesso. Il mondo biologico Cartiesio lo ignorava. Alle complessità di una cellula e dei suoi fenomeni interni non poteva averne cognizione.
C'erano però, fenomeni - continuando il pensiero dell'illustre - quali il linguaggio ed il pensiero per cui non è possibile dare un modello meccanico. Perciò, conclude Cartesio, queste facoltà esistono al di fuori del dominio della res extensa e bisogna assumere l'esistenza di un secondo dominio ontologicamente distinto dalla res extensa.
Pensiero e linguaggio sono dunque fenomeni pertinenti alla res cogitans e devono essere studiati e spiegati con un modello e una scienza diversa dalla meccanica.
Ma dinuovo, nulla si trova in Cartesio che gli permetta di considerare anche sentimenti ed emozioni, se non espressioni fisiche della parte fisica-extensa del corpo umano!!!

Quindi niente biologia, niente emotività, niente qualità di esseri viventi, ma solo logica e meccanica, matematica e estensione spaziale di corpi misurabili.
Supponenza immane e madornali semplificazioni. basti pensare a quella soluzione ridicola della ghiandola pineale!!

Poiché queste due realtà sono molto eterogenee e fondamentalmente non possono interagire, si crea un problema nella spiegazione della capacità umana di agire secondo libera volontà. Come possono interagire i due domini di res extensa e res cogitans nell'uomo? Cartesio cerca di risolvere la questione del dualismo ammettendo comunicazione tra i due domini per mezzo della "ghiandola pineale" (l'odierna ipofisi)!!! Dove sia andato a trovare questa pensata , senza nessun riscontro 'scientifico' non mi è dato sapere.

Ma su questo "immaginario" cartesiano , così banale e ridicolo per noi, ancora oggi si fondano degli "immaginari" molto presenti e pesanti nel nostro mondo.

eccone un piccolo 'carnet', ma poi ne parleremo ancora.

Ritenere che ....
... con quanto l'uomo pensa ed elabora nel suo razionalismo scientifico sia sufficiente per spsiegare, governare, modificare il mondo esterno,
... tutto sia riconducibile a spiegazione razionale in base ai fenomeni manifestati,

mercoledì 9 giugno 2010

bravo Latouche!!

Buondì, rieccomi o rieccoci... son passati alcuni mesi. Ma ci siamo.

A modo mio, con questo blog, ho detto le stesse cose dell'indubbiamente bravo, Serge Latouche, e a cui non mi avvicino nemmeno per un confronto.

Vorrei parlare del suo ultimo libro, "l'invenzione dell'economia", un saggio di interrogazione radicale sul terreno di una delle "invenzioni" cruciali della modernità. Come si è formato il nostro "immaginario economico", la nostra visione economica del mondo? Perché oggi vediamo il mondo attraverso i prismi dell'utilità, del lavoro, della concorrenza, della crescita illimitata, del profitto? Che cosa ha portato l'Occidente a inventare il valore produttività, il valore denaro, il valore competizione, e a costruire un mondo in cui nulla ha più valore, e tutto ha un prezzo?

L'immaginario economico va riportato accanto agli altri immaginari che l'umanità si è costruita, quello religioso, quello ideologico. I sacerdoti delle banche e delle borse non son forse degli illusionisti peggiori che attirano folle su un credo secolarizzato ma pur sempre una 'fede'?

Serge Latouche ritorna qui alle origini di questa economia che i primi economisti definivano la "scienza sinistra", e articolando la sua argomentazione in prospettiva storico-filosofica, mostra come si è plasmata la nostra ossessione utilitarista e quantitativa, e ci permette così non solo di gettare uno sguardo nuovo sul nostro mondo, ma soprattutto di affrontarne la sfida sul piano di valori davvero fondamentali come libertà, giustizia, equità.

Cioè i valori del mondo reale scoperto senza l'intermediazione dell'immaginario umano.
Ed è il mondo del 'seme di grano', l'unico mondo dove c'è una crescita. Semini un chicco raccogli una spiga. E gli uomini, su questa visione han pensato di riprodursi ed immaginarsi dei 'processi' (economici) dove pensavano ci fosse crescita e sviluppo, per giunta illimitati, senza un rapporto con la terra.

Bravo Latouche!! ora torno nel mio giardino, ma prima riporto, qui sotto, per chi mai vuol leggere questo blog, un pezzo di due giorni fa comparso su Repubblica.



Io, economista finalmente felice vi racconto la mia vita a impatto zero
Repubblica — 05 giugno 2010 pagina 39 sezione: CULTURA
"Da molto tempo ormai non uso più l' automobile, mi muovo soltanto in bicicletta. Quando vengo in Italia, cosa che mi capita spesso, non prendo mai l' aereo, solo il treno. Anche se sono stato a lungo un amante della carne, ora ne mangio pochissima, mi diverto a scoprire altri sapori, perché gli allevamenti intensivi di bestiame sono tra le prime cause dell' inquinamento atmosferico. Un chilo di carne equivale a sei litri di petrolio. Preferisco comprare quel che mi serve nelle piccole botteghe e cerco di usare ogni cosa sino a consumarla del tutto. Piuttosto che buttare, riparo, anche se oggigiorno costa meno comprare un oggetto nuovo fabbricato in Cina. Ma preferisco appunto allungare la vita delle cose, o riciclare, combattendo così la filosofia dell' usa-e-getta, l' obsolescenza programmata dei beni. Non possiedo un cellulare, e sto bene così. Pratico quello che il mio maestro Ivan Illich chiamava "tecnodigiuno". Non guardo mai la televisione e ho soltanto un computer che mi permette di consultare ogni tanto le email. Non mi collego ogni giorno alla posta elettronica, faccio delle lunghe pause anche in questo. Spesso scrivo lettere a mano perché è un modo di dimostrare a me stesso che non ho bisogno di una protesi elettronica per comunicare con gli altri. L' importante è resistere alla "tecno-dipendenza". Si può usare la tecnologia ma bisogna evitare di esserne schiavi. Benché faccia tutte queste rinunce rispetto allo stile di vita moderno, non sono da compatire. Invertire la corsa all' eccesso è la cosa più allegra che ci sia. La mia unica regola è la gioia di vivere. E' possibile immaginare una società ecologica felice, dove ognuno di noi riesce a porsi dei limiti, senza soffrirne perché non si sono create delle dipendenze. E' ormai riconosciuto che il perseguimento indefinito della crescita è incompatibile con un pianeta finito. Se non vi sarà un' inversione di rotta, ci attende una catastrofe ecologica e umana. Siamo ancora in tempo per immaginare, serenamente, un sistema basato su un' altra logica: quella di una "società di decrescita". Io parlo di decrescita felice, perché sono convinto che si tratta di piccoli aggiustamenti che ognuno di noi può fare senza soffrirne. Da giovane ero un economista esperto di sviluppo. Negli anni Sessanta sono stato in Congo e poi nel Laos per attuare programmi di sviluppo economico. E' così che è incominciata la mia riflessione critica su questo modello di crescita continua. Pensavo essere al servizio di una scienza, in realtà si trattava di una religione. Gli economisti come me allora sono dei missionari che vogliono convertire e distruggere popoli che vivevano diversamente. Quando ho iniziato a non seguire più questa dottrina assoluta, in vigore ormai da decenni, ero molto isolato. In Occidente nessuno ha avuto il coraggio di parlare di decrescita fino al 1989, dopo il crollo del Muro. Quando siamo entrati in un mondo globale, senza più differenze tra primo, secondo o terzo mondo, lentamente c' è stata una presa di coscienza. Oggi non si tratta di trovare un nuovo modello economico ma di uscire dal governo dell' economia per riscoprire i valori sociali e dare la priorità alla politica. Ognuno di noi può fare qualcosa intorno a quelle che io chiamo le otto ' R' . Ovvero rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Rivalutare significa per esempio creare un diverso immaginario collettivo, fatto dell' amore per la verità, di un senso della giustizia e della responsabilità, del dovere di solidarietà. Rilocalizzare vuol dire produrre a livello locale i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione. Riutilizzare e riciclare è anche l' unico modo di evitare di essere sommersi dai rifiuti infiniti che stanno distruggendo la Terra. Le otto ' R' sono cambiamenti interdipendenti, che insieme possono far nascere una nuova società ecologica. Una società nella quale ci sentiremo di nuovo cittadini, e non più solo semplici consumatori." (testo raccolto da Anais Ginori) - SERGE LATOUCHE